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Smart working: perché l’Italia è indietro e cosa si può fare

In Italia siamo ancora indietro rispetto all’Europa nell’applicazione dello smart working, ma si deve fare di più e di meglio, perché il “lavoro agile” non è solo un nuovo modo di lavorare, ma uno stile di vita che consente di creare un diverso equilibrio tra lavoro e vita privata

Negli Stati Uniti, tra agosto e settembre 2022, quasi una persona su tre lavorava da remoto, almeno part time, dice il Bureau of Labor Statistics, ma secondo diverse ricerche il numero potrebbe essere più alto, arrivando al 50% dei lavoratori in smart working. Nel 2021, circa 1 europeo su 4 lavorava da remoto, secondo i dati Eurostat. L’Italia è ancora indietro rispetto alla media europea: gli occupati che lavorano spesso da remoto sono l’8,3%.

Attenzione, però, che smart working non significa restare in casa e comportarsi esattamente come se si fosse in ufficio.  Chi lo intende in questo modo sbaglia.

Smart working si può definire anche “lavoro agile” proprio perché è basato sulla flessibilità, l’autonomia e la responsabilità: il lavoratore deve raggiungere gli obiettivi concordati, rispettando le scadenze e rispondendo alle richieste del datore di lavoro. Può farlo dalla cima di una montagna o su una sdraio in spiaggia, è la stessa cosa. È importante però che siano dati ai dipendenti gli strumenti necessari per eseguire i compiti assegnati, come pc, tablet, cellulari, file, documenti e altri materiali. Naturalmente lo stesso imprenditore dovrà occuparsi di proteggere adeguatamente i dispositivi, perché i cybercriminali sono sempre in agguato.

La forte crescita dello smart working seguito alla pandemia ha causato il fenomeno del south working, cioè il lavoro da località del Sud Italia per aziende fisicamente collocate al Nord. Un vantaggio per tutti: le imprese che risparmiano su alcuni costi, i lavoratori che restano nel luogo d’origine e il territorio che così evita lo spopolamento e la fuga dei giovani verso le grandi città. Lo smart working fa indirettamente bene anche all’ambiente, perché ci evita di prendere la macchina o altri mezzi per andare in ufficio e quindi ci fa inquinare di meno.

Per questi motivi bisogna incentivarlo. È importante continuare ad aggiornare le normative che lo disciplinano. Bisogna promuovere una cultura del lavoro flessibile, facendo comprendere alle aziende i suoi benefici, non solo in termini di risparmio sui costi, ma anche come aumento della produttività e del benessere dei dipendenti. È essenziale investire in formazione per garantire ai dipendenti di lavorare in modo efficace da remoto. Sono ancora più essenziali le infrastrutture di rete, per garantire che tutti abbiano accesso a Internet ad alta velocità, indipendentemente da dove vivono. E non dimentichiamoci mai della sicurezza informatica: con l’aumento dello smart working, la sicurezza delle informazioni diventa ancora più critica. Se faremo tutto questo, avremo più smart working, e probabilmente uno stile di vita migliore.

Italia indietro sullo smart working ma e unoccasione per tutti 1
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