L’Italia potrebbe essere il paradiso dello Smart Working, sia per gli italiani, sia per il resto del mondo che si trasferirebbe volentieri a lavorare a Capri, Positano, Favignana, Riva del Garda, Como, Pienza, Alassio, Venezia, Peschici e mille altri posti straordinari che il mondo ci invidia.
Sono ormai milioni le persone che possono lavorare in remoto, ovunque nel mondo e senza aver bisogno di una presenza fisica.
In molti casi i relativi redditi sarebbero prodotti sul territorio italiano e le tasse relative verrebbero pagate in Italia.
Ma nessuno di questi soggetti potenzialmente ricchi e “avanzati”, quindi desiderabili, trasferirebbe la propria attività, o si trasferirebbe, in un Paese in cui ci sono ancora moduli di carta, ceralacca (si usa ancora per gli esami statali), fai fatica a pagare con le carte, la connessione è lenta nei luoghi più suggestivi e lo stato ci mette 20 anni a ridarti in soldi che ti deve.
Qui o si digitalizza davvero l’Italia o si muore.
Altrimenti se la comprano soggetti diversamente democratici.
E per fare l’Italia digitale non ci vogliono proclami, ministri e sottosegretari di nomina politica, siti inusabili, guru di Amazon, app inutili e mille comuni che non si “parlano” l’uno con l’altro.
Bisogna spegnere tutti i vecchi processi analogici, azzerarli e ripensarli “digital only”. Creare da zero l’INPS digitale, la giustizia digitale, il fisco digitale, la scuola digitale e, quando ogni riforma è pronta, si spegnerà la vecchia versione analogica. Idem con tutta la PA.
Avremo un’Italia digitale, con poco contante, con tutto tracciabile e verificabile. La pressione fiscale dal 60% potrebbe scendere al 20% come per esempio in UK.
Da un rapporto di guerra cittadini/stato/cittadini, si passerebbe ad una pace reciproca.