In Italia abbiamo uno sterminato patrimonio culturale: se lo vogliamo proteggere e farlo conoscere sempre più e sempre meglio a tutto il mondo, dobbiamo digitalizzarlo. Ma dobbiamo farlo bene, usando le tecnologie giuste ed evitando di proporre piattaforme, siti o app fatti male o che non servono a niente.
Proprio nelle ultime settimane sono usciti bandi per progetti di digitalizzazione del nostro patrimonio culturale. L’obiettivo è digitalizzare i materiali cartacei e fotografici, gli oggetti nei musei e i microfilm conservati nei luoghi dedicati alla cultura di Regioni e Province autonome.
È importante farlo, perché la digitalizzazione permette di preservare opere d’arte, manoscritti, documenti e monumenti dall’usura del tempo, da eventi catastrofici o da danneggiamenti. Una volta digitalizzati, gli oggetti possono essere conservati per le generazioni future. Non solo: diventano accessibili a un pubblico molto più ampio. Chiunque abbia una connessione Internet può esplorare collezioni di musei, biblioteche e archivi in ogni parte del pianeta. La digitalizzazione può anche creare esperienze interattive: per esempio la realtà virtuale può permettere alle persone di esplorare siti archeologici o monumenti in modo dettagliato e da diverse prospettive.
Il digitale è un vantaggio anche per i ricercatori, che possono utilizzarlo per studiare e analizzare il patrimonio culturale in modi che non sarebbero possibili con gli originali fisici. Per esempio, possono esaminare modelli 3D di opere d’arte o usare strumenti di analisi del testo per studiare documenti storici.
Ma tutto questo va saputo fare. Per esempio, quando un’amministrazione o un’organizzazione decidono di creare un sito per pubblicizzare l’offerta culturale del territorio, devono spiegare bene le cose, proporre contenuti di qualità e video professionali. Non è possibile entrare in un sito che vuole spiegare al mondo la bellezza italiana e poi trovare brutte foto, video a bassa risoluzione e fatti male o mancanza di informazioni essenziali (alcuni addirittura si dimenticano di inserire l’indirizzo fisico del luogo pubblicizzato).
Non parliamo poi di quelli che vogliono “portare i beni culturali nel metaverso”: ci si rimette solo soldi perché, come non mi stanco di ripetere, il “metaverso” non esiste.
Quindi, quando si vuole creare un sito per un bene culturale ricordiamo sempre di chiederci: risponde a qualsiasi esigenza dei potenziali visitatori? Tutti i dettagli sono a posto? È usabile? Ha una app multi piattaforma? I contenuti sono di altissima qualità? Bene, dopodiché ci si può divertire quanto si vuole con realtà virtuale, realtà aumentata e buzzword varie… Ma non dimentichiamoci di iniziare l’essenziale.