50 MILIARDI DI AMORE.
Cara Italia,
sono nato e cresciuto in mezzo all’elettronica e al digitale. In pratica ho passato tutta la vita a soffrire per questa cosa.
Nel 1978 giocavo con l’elettronica e tutti avevano paura mi potessi far male con l’acido delle basette di vetronite. E avevano ragione.
Nel 1981 è arrivato il mio primo computer. Mentre gli altri giustamente lo usavano per giocare, io ero attratto dalla programmazione. Ma intorno avevo persone adulte che pensavano giocassi.
E anche tu, attraverso le tue istituzioni, la pensavi allo stesso modo. “Studia!”
Sino al 1992 è andata decisamente male. Non pensavi che la mia passione, sempre la stessa, che avevo sin da piccolo, potesse diventare un lavoro.
Dico non pensavi, perché c’erano nazioni in cui invece era già un lavoro.
Capire vagamente che non stavo buttando via il mio tempo… Come invece mi dicevi.
Potevo solo leggere avidamente quelle poche riviste che arrivavano in Italia.
Sognare di andare all’Università in California.
Non è colpa tua, eri così forte del tuo glorioso passato che l’attuale Silicon Valley la vedevi come un posto inutile, senza un minimo di storia. E avevi ragione… Sino ad allora…
Mi sono sempre sentito nel film “Non ci resta che piangere” in cui Benigni e Troisi venivano teletrasportati nel passato.
Sì, piano piano andavo avanti, crescevo, ma era sempre una lotta.
Mi davi una pacca sulla spalla, ti complimentavi come si fa col disegnino di un bambino. Poi ti giravi e pensavi a cose più serie.
Quando volvevo trasmetterti il mio entusiasmo per quel mondo che vedevo arrivare, e lo volevo raccontare a tutti, in Radio e in TV, mi davi un contentino e una pacca sulla spalla…
Ma in fondo pensavi che “sta roba” non servisse a nessuno.
Mi facevi mandare fax quando non serviva.
Mi facevi compilare fogli di carta perché si è sempre fatto così.
Se osavo fare qualcosa di nuovo, o in modo diverso, mi dicevi “chi ti credi di essere!”.
Una volta ho lavorato per una tua istituzione e mentre davo l’anima mi hanno preso da parte dicendo “devi rallentare e smettere di voler cambiare le cose o sei fuori!”.
Devo ammettere che almeno il mondo accademico ha sempre riconosciuto la mia competenza. Mi hai sempre lasciato insegnare “le mie stranezze” ai tuoi figli, e io non ho mai smesso di farlo, anche quando mi chiedevano di farlo altrove.
Ecco, mi hai fatto sentire finalmente utile.
Ma, a parte questo, il resto era il deserto culturale dal punto di vista digitale.
Anzi, peggio. Iniziavano ad arrivare i primi sedicenti guru che per aver ripetuto una buzzword ammmericana sentita da qualche parte. E quando ho avuto un’azienda mi è pure toccato ascoltarli perché erano potenziali clienti…
Nel 2008, come si dice, ne avevo abbastanza. Non ho mai smesso di amarti, ma litigavamo ogni giorno e ti ho dovuta lasciare.
Qualche cosa l’avevo fatta e due soldi per andare a vivere “da solo, altrove” li avevo.
Ti ho dovuto lasciare perché starti così vicino mi faceva soffrire.
Mi sono dovuto trasferire in un un paese straniero dove potevo guardarti da più lontano, con più lucidità e con le mani pulite da quell’inchiostro che è quasi ovunque, e che quando vivi lì, in un modo o nell’altro ti “sporca” anche se non vuoi.
Visto da fuori vivere a Londra fa figo, a te piace. Ti conosco. È un fascino a cui hai sempre ceduto…
Ma credimi, qui non sono figo, sono solo un immigrato. Di lusso, certo, ma immigrato. Non c’è niente di comodo. Non si parla la tua lingua, non avrai mai l’accento giusto, ti devi adattare a una cultura diversa e per loro, comunque, arrivi dal sud del mondo. Anche se non te lo diranno mai apertamente.
Sai quanti mi hanno chiesto perché non torno a vivere da te, dove tutti mi coccolano, invece di stare qui in esilio sotto la pioggia?
Perché educheresti i miei figli in modo diverso da quello che credo siano le esigenze formative nel 2021.
Perché ogni volta che torno a trovarti vedo che non sei cambiata negli ultimi 25 anni, da quando non capivi che lavoro facessi e mi trattavi con sufficienza. Certo, ora mi trattano tutti benissimo ma per ragioni diverse e lo so.
Ma ti ho sempre seguita da lontano, e grazie al digitale che non hai mai amato, ho potuto aiutare quelli come me, ma che non sono potuti scappare.
Oggi, ti penso tutti i giorni, e tutti i giorni faccio qualcosa per te, anche se fisicamente lontano, col cuore lavoro per te ogni giorno. E come tutti i veri amori non è necessario che sia ricambiato.
So che sei in un momento difficile e che hai capito che forse, quel digitale di cui ti parlo da 40 anni, ora ti serve.
Credo di aver contribuito un po’ anche io nel fartelo capire…
So anche che ti sono arrivati circa 50 miliardi da spendere per digitalizzarti.
Ma ti conosco bene.
Non sei bravissima a gestirli e non saprai bene come spenderli. Non è facile per chi si è trovata solo oggi a dover fare i conti con questo mondo.
Ti posso solo raccomandare di fare attenzione ai vecchi soliti avvoltoi. Quelle aziende che vendono vecchie macchine a carbone spacciate per ultimissimi modelli elettrici.
Che poi sono quelli che ti dicono che i server cadono perché c’è troppo traffico.
Ricordati che il digitale non deve essere un sottile strato colorato sopra un mare di carta e polvere.
Lo sai che da quando vivo qui non ho mai visto un ufficio pubblico? Nemmeno per “passare un attimo a firmare una cosa”.
Per cui si può fare. E ce la puoi fare anche tu.
Ora hai anche i soldi per farlo!
In passato li hai dati da gestire a “messia” di ogni tipo. Manager americani di successo, cantastorie affascinanti, e politici rampanti. Questa volta però non puoi sbagliare. Butta via tutti quei fax, quelle penne, quei libroni.Anzi vietali come la droga!
Vorrei venire ad aiutarti fisicamente ma non sono la persona giusta. Preferisco continuare a farlo da qui, tanto lo sai, mi faccio sentire tutti i giorni!
Hai ancora una grande possibilità di uscire dal passato! Non buttarla!
Ti voglio bene Italia!
Tuo per sempre, Marco