Siamo ancora troppo indietro sulle competenze digitali. L’Italia è in coda alla classifica europea: nel 2021, dice l’Istat, meno della metà dei cittadini (45,7%) fra i 16 e i 74 anni aveva quelle di base. Fanno peggio soltanto Romania, Bulgaria e Polonia. Di fatto, siamo ancora a metà strada rispetto all’obiettivo fissato dall’Europa per il 2030 dell’80% di cittadini alfabetizzati digitalmente.
Dobbiamo fare molto di più perché, oggi come oggi, chi non possiede quell’insieme di conoscenze e capacità necessarie per utilizzare le tecnologie digitali in modo efficace e consapevole, è tagliato fuori. Avere competenze digitali significa saper usare computer, smartphone, tablet e applicazioni software, saper navigare e utilizzare i motori di ricerca, i social network, le piattaforme di eCommerce, saper comunicare, collaborare e creare contenuti digitali. Le competenze digitali sono sempre più importanti in una società come la nostra dove le tecnologie sono presenti in quasi tutti gli aspetti della vita quotidiana e del mondo del lavoro.
L’Italia resta nelle ultime file, anche se la situazione non è uguale per tutti: ci sono differenze in base al luogo dove si vive, all’età, al percorso di studi, al sesso. Le regioni dove le competenze digitali, almeno quelle di base, sono più diffuse sono il Lazio (52,9%), seguito dal Friuli-Venezia Giulia (52,3%) e dalla provincia autonoma di Trento (51,7%). Resta un forte divario tra Centro-Nord e Mezzogiorno, ad eccezione della Sardegna, che rientra nella media.
I giovani e gli adulti che hanno fatto un percorso universitario sono i più avvantaggiati: l’80,3% delle persone di 25–54 anni con un’istruzione terziaria possiede competenze digitali almeno di base.
Purtroppo permane una differenza tra uomini e donne: “vincono” i maschi, che staccano le donne di 5,1 punti percentuali. Però, fino ai 44 anni, questa distanza si annulla e in alcuni casi si inverte, cioè le più giovani conoscono il digitale più o meno quanto i loro coetanei uomini.
Un problema importante sono le scarse competenze nelle aziende. Quelle con almeno 250 addetti hanno un buon livello di persone esperte di digitale (75,0%). Ovviamente ce l’ha in particolare l’industria ICT (Information and Communication Technology), quella che si occupa di produrre e distribuire informazioni attraverso l’uso di tecnologie digitali. Il problema sono i “piccoli”: la metà delle PMI italiane è costretta a ricorrere a consulenti esterni, evidentemente perché non ha all’interno nessuno che sia in grado di occuparsi di digitale con cognizione di causa. È chiaro che così non si può andare avanti. Cosa serve per migliorare? Tanta formazione, tanta divulgazione. Bisogna fornire una formazione professionale solida e costante agli studenti, ai lavoratori e ai disoccupati. Ormai ci sono molte piattaforme e corsi online che offrono formazione a distanza per tutte le fasce di età e livelli di competenza: sarebbe opportuno sfruttare questa possibilità. Allo stesso tempo bisogna sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza delle competenze digitali. Noi tutti dobbiamo diventare consapevoli che, senza una vera cultura dell’innovazione, non si va da nessuna parte.